martedì 11 aprile 2017

I bastardi di Pizzofalcone - Maurizio De Giovanni (2013)

Mia prima lettura di qualcosa firmato da questo autore. Sequel de Il metodo del coccodrillo (*), in cui viene introdotto il personaggio dell'ispettore Lojacono che qui si prende il posto da protagonista all'interno di un eterogeneo gruppo di strambi poliziotti.

L'evidente idea dell'autore è quella di puntare alla letteratura seriale in stile 87° distretto (**) con uno stile di scrittura facilmente trasponibile anche nella serialità televisiva. Come in effetti è successo.

Prima dell'inizio della storia, il commissariato napoletano di Pizzofalcone viene portato sull'orlo della chiusura da comportamenti poco ortodossi di alcuni suoi elementi (***). Un commissario capo, Luigi Palma, decide di giocare d'azzardo con la sua carriera e accettare la sfida di far riprendere quota a quella sede disagiata, su cui vengono fatti convergere, tanto per non farci mancare niente, gli scarti di tutti gli altri commissariati cittadini.

Palma si butta in questa situazione balenga anche perché conta molto su Lojacono, che ha visto in azione nel prequel, sa che ha una pessima nomea, ma da cui si aspetta faville. Che prontamente arrivano.

Il caso principale trattato nel libro è quella di una facoltosa signora, Cecilia de Santis, che viene uccisa con un colpo di boule de neige alla testa. Considerando che ella era una accanita collezionista delle suddette brutture, verrebbe da concedere almeno parziali attenuanti a chi l'ha fatta fuori. Il problema è capire chi sia stato costui. L'indiziato principale è ovviamente il marito, un parvenu, traditore abituale, disegnato anche in modo da renderlo persino più antipatico di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Ma non sarà una soluzione troppo facile?

Ci sono poi un altro paio di casi che servono più che altro ad aumentare la dose di colore locale. Uno si conclude lasciando un pugno di mosche in mano agli investigatori, l'altro sembra promettere sviluppi interessanti (°) nei prossimi episodi della serie.

Scrittura molto scorrevole, simpatica ambientazione che non scade nel macchiettistico. Non ho perso tempo a cercare di capire chi fosse il colpevole, ma credo che, impegnandosi, il lettore possa arrivare a capirlo anche prima del Lojacono. Il caso non è, a mio avviso, tra i più ragionevoli, ma è tutto sommato accettabile.

Ci sono alcuni punti negativi, che però non sono tali da spingermi a sconsigliare la lettura. In particolare, pur essendo complessivamente ben narrato, i dialoghi mi hanno fatto più volte cadere le braccia. Troppo lunghi, troppo esplicativi, poco calzanti con l'immagine del personaggio.

Lo spiegone finale tende al terribile. Troppo lungo, presentato come confessione di chi ha compiuto l'atto, mi ha annoiato. Meglio sarebbe stato farci seguire, almeno parzialmente, la parte finale dell'indagine in cui si scoprivano i dettagli che confermano a Lojacono la sua ipotesi.

Mi ha lasciato qualche dubbio anche la composizione della squadra di Pizzofalcone. In teoria dovrebbe trattarsi della feccia della polizia napoletana, in pratica si tratta di personaggi piuttosto peculiari, magari anche spiacevoli da avere come colleghi, ma non sono poi così male. Strano che non ci sia tra di loro nemmeno un soggetto veramente insopportabile.

Simpatico il finale, un colpo di scena che poco ha che fare con le indagini ma che mi ha fatto ridere di gusto.

(*) Ripetutamente citato nel corso dell'azione, quasi come se il De Giovanni approfitti dello spazio per pubblicizzare il suo lavoro precedente.
(**) Ed McBain viene giustamente indicato dalle fonti di riferimento nelle note dell'autore.
(***) La premessa è la parte meno credibile di tutta la storia. Spero che il De Giovanni abbia avuto modo nei sequel di buttar lì che questo fosse solo un pretesto. Ci vedrei bene, che so, magari una qualche squallida lotta intestina tra commissariati cittadini.
(°) Anche se in realtà non mi sembra avere abbastanza forza per ambire a diventare un futuro caso principale.

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