giovedì 29 giugno 2017

Orgoglio e preveggenza - Carrie Bebris (2004)

Mi sono molto divertito alla lettura di un passo di questo libro. Il problema è che l'ho trovato a pagina 279 e il divertente sta, a mio gusto, nell'assurdità della situazione, che temo non sia stata percepita dall'autrice.

La storia è un sequel di Orgoglio e pregiudizio, e narra le vicende dei Darcy dal punto in cui Jane Austen le aveva lasciate nel suo romanzo ben più famoso e degno di memoria. Si presentano immediatamente alcuni problemi, il più grosso dei quali è che la Bebris non solo non è la Austen ma non è neppure una scrittrice di buon livello. Si vede che ha fatto una certa gavetta (*) ma si vede anche che non aveva nulla da dire nella scrittura di questo romanzo.

Tra l'altro, mi pare perdente in partenza la strategia della Bebris di scrivere come se fosse un falso d'epoca, per l'ovvio motivo che lei, americana contemporanea, non ne ha la capacità. Non basta essere socia attiva della Jane Austen Society of North America e aver fatto diversi viaggi in Inghilterra (**) per poterlo fare. Più astuto sarebbe stato usare il trucco manzoniano del manoscritto ritrovato per spiegare la distanza di stile e permettere di commentare in modo sensato passaggi che ad un nativo del tempo sarebbero stati così naturali da non richiedere spiegazioni.

Non mi stupirebbe se il pubblico di riferimento fosse disposto a chiudere un occhio su questo problema. Si tratta infatti di lettori (***) che hanno già letto tutto più volte della Austen e sono disposti ad accettare prodotti simili, anche se molto inferiori, per intervallare una rilettura alla successiva. Invece mi sorprende di più che non vi sia stata una specie di rivolta popolare in seguito alla variazione del carattere dei personaggi principali.

Credo infatti che la Bebris non avesse idea di cosa poter scrivere sulla vita coniugare dei Darcy per mancanza di interesse nel tema. Ha così deciso di sparare i personaggi austeniani in un racconto più nelle sue corde. Che non è, ahinoi, niente di buono. Il buon Darcy viene così convertito in una specie di emulo di Sherlock Holmes, incapacitato a raggiungere il suo modello per evidenti limiti nell'osservare e nell'indurre qualcosa di valido. Lizzy, fresca signora Darcy, assume venature paranormali, sente le voci, vede e fa cose che agli altri sono precluse, insomma, una pazza.

La narrativa sentimentale viene così adattata per seguire, piuttosto blandamente invero, i canoni di una investigazione vagamente in uno stile Sherlockiano. Lentamente ma inesorabilmente vengono inseriti elementi occultistici, spiritisti, fino a giungere ad un finale che sembra estratto non so bene se da Il signore degli anelli o dalla saga di Harry Potter.

Non penso che la Bebris avesse intenzione di fare un qualsiasi punto con questo romanzo (°), quello che ho ricavato dalla lettura è una rivisitazione in chiave sbarellata dell'idea austeniana della non contrapposizione ma completamento tra ragione e sentimento. Qui, infatti, Elizabeth contrappone alle ragioni della testa non quelle del cuore, quanto quelle di insondabili energie new age.

(*) Dal risvolto di copertina si evince che prima di questo colpo fortunato ha scritto su giornali, insegnato inglese, e fatto l'editor per una collana fantasy.
(**) Anche queste notizie riportate nel risvolto di copertina.
(***) O per meglio dire lettrici, visto che la Austen ha un successo molto più marcato nel campo femminile.
(°) Oltre agli aspetti prettamente commerciali, intendo.

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