lunedì 21 novembre 2016

L'altro capo del filo - Andrea Camilleri (2016)

L'ho letto qualche tempo fa, ma solo oggi, spinto dalla lettura di quel che ne pensa Marco Il Bibliofilo, mi decido a buttar giù qualche riflessione che mi è venuta dalla lettura dell'ultimo (*) romanzo dedicato al commissario Montalbano.

Prima cosa, per tutto il tempo della lettura ho pensato che Camilleri avrebbe dovuto dare una bella rilettura al testo prima di darlo alle stampe. Dato il suo peso editoriale, non credo che in Sellerio si azzardino a modificare la sua stesura originale. Poi scopro, leggendo le note finali, che questo è il suo primo lavoro da quando ha perso la vista, e che l'opera di scrittura è stata mediata dai suoi collaboratori. Ci sono restato male, però il punto rimane. Mi pare che manchi un equilibrio al racconto, troppo sbilanciato sulla prima parte, che evidentemente tratta un argomento che all'autore sta particolarmente a cuore ma che non è rilevante all'interno della struttura al punto da giustificare l'imponente numero di pagine dedicatogli.

Sono passati molti anni dal precedente Montalbano che ho letto, e questo mi ha fatto venire il dubbio se lo stile di Camilleri sia cambiato nel tempo, se la mediazione del suo team abbia influito sul risultato, o se sia stato il mio gusto per la lettura che abbia preso strade diverse. Fatto sta che, pur riconoscendo l'atmosfera vigatese con tutti i soliti personaggi che la popolano, mi sono chiesto più volte se non fosse cambiato qualcosa di sostanziale in questi anni che però non sono riuscito ad identificare.

Visto dal punto di vista puramente giallo, il romanzo consta di due casi che hanno ben poco in comune. Nel primo Montalbano indaga su di uno stupro avvenuto in mare, che viene risolto grazie alla sua capacità di osservazione. Il secondo è invece relativo ad un bell'efferato omicidio (**) su di persona con cui il Montalbano aveva appena stabilito un'amicizia che sembrava destinata a diventare profonda. Che poi è una delle regole del gioco, mai diventare amici del protagonista di una serie gialla, le possibilità di schiattare in modo orribile aumentano incredibilmente.

La morta è una sarta, e non si capisce chi possa averla uccisa e perché. Le indagini vengono condotte con una approssimazione tale da far rizzare i capelli. Tanto per dirne una, si capisce subito che il mistero sarebbe grandemente semplificato se si facesse richiesta dei tabulati telefoni relativi alle linee, fisse e mobili, della signora. Eppure nessuno fa una mossa in tal senso. Forse perché sono tutti impegnati a gestire il gran traffico di migranti che passa da quelle parti, e la lucidità necessaria per usare la logica se ne è andata a ramengo.

Meno spiegabile mi pare sia l'assassina stessa, che fa trovare al commissario una lettera-spiegone in cui chiarisce tutti i dettagli, molti dei quali sarebbero restati completamente oscuri al commissario e ai lettori. Forse si è voluta levare un peso dalla coscienza, senza però pagare il fio dei suoi peccati? Ma perché farlo quando ancora poteva essere beccata, meglio sarebbe stato sparire e mandare l'incomprensibile missiva una volta che si fosse sentita al sicuro.

Nonostante tutto, l'indagine mantiene un suo bislacco fascino, anche se il commissario sembra sempre più interessato al cibo e sempre meno a tutto il resto. O forse proprio per questo.

(*) Ultimo solo per il momento, ho letto da qualche parte che sarebbero già ben avviati altri due episodi della saga.
(**) "Bello" nel senso di in linea con le aspettative del genere.

venerdì 19 febbraio 2016

L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome

Romanzo di Alice Basso, 2015.

Opera prima, e si vede. Mi dicono che sia un caso di successo dell'editoria italiana dell'anno scorso, e lo vedo meno.

Leggibile, carino, divertente, almeno a tratti. Piuttosto confuso nello sviluppo, come ammette anche l'autrice nell'intervista a se stessa pubblicata a piè di libro. Lei lo mette in positivo, dicendo che ci ha messo dentro tutto quello che le piace. Il problema è che ci sono parti che le vengono meglio, altre meno.

Vani di mestiere fa la ghostwriter, quello che in italiano si chiama(va) negro, ovvero scrive libri per personaggi famosi che non ne hanno tempo, voglia, o capacità, senza metterci il nome. Lo fa come il buon Benjamin Malaussène fa il capro espiatorio secondo Daniel Pennac, ovvero con gran modestia, e come se la sua fosse una occupazione normale. Ha un capo con cui ha una relazione molto conflittuale basata su reciproca stima e disgusto. Nel corso della sua innominabile carriera, la vediamo lavorare solo a libri di gran successo, di materia estremamente disparata. Il primo, un saggio scientifico divulgativo, serve solo per farci capire quanto sia brava e capace di adattarsi. Il secondo, un romanzo di ambientazione americana, le fa incontrare l'uomo che le farà girare la testa e che sarà al centro della trama chick-lit. Il terzo, un saggio paranormale, ha lo scopo di introdurre una trama gialla e il secondo uomo che serve sia per complicare il lato romantico sia per dare più corpo allo sviluppo poliziesco (trattasi infatti di commissario).

Concentrandosi sul terzo lavoro di Vani, eliminando la componente hard-boiled, sviluppando meglio l'ambiente esoterico e tutta la fuffa che si può pensare si annidi da quelle parti si ottiene ... ohibò, Il pendolo di Foucault di Umberto Eco. E questo da un'idea di quella che penso sia la debolezza fondamentale del romanzo. Troppa roba e trattata di corsa. Non si approfondisce, si corre velocemente su troppi temi, come se si volesse fare un rapido riassuntino per il lettore che non ha tempo di leggere cose più sostanziose.

E nello sviluppo c'è spazio anche per molto altro, ad esempio un crossover con il genere young-adult, grazie al fatto che Vani incontra una ragazzina, Morgana, che è il suo clone, e così viviamo una sorta di flashback con Vani che cerca di modificare quello che sa potrebbe essere il suo futuro.

A mio parere, la parte migliore sta nella narrazione dei dolori della giovane (non più giovanissima, tarda trentina, ma si sa, i tempi di maturazione degli umani nei paesi occidentali si sono ridicolmente allungati) Vani. E deve averlo capito bene anche la Basso, visto che ha scelto di seguire la protagonista lasciandole in uso esclusivo l'io narrante. Questo però va a scapito di tutti gli altri personaggi, che risultano davvero poco sviluppati.

La parte peggiore sono i dialoghi. Improponibili. La gente non parla così. Avrà provato l'autrice a leggere ad alta voce quello che i suoi personaggi dicono? Avrebbe dovuto. Spero, nel suo interesse, che lo faccia per quello che sembra essere l'inevitabile seguito.

venerdì 29 gennaio 2016

Best Movie Tag

Marco il Bibliofilo mi ha segnalato per uno di quei giochetti che appestano il web, che però hanno anche il loro risvolto simpatico. In pratica ha citato il mio blog (*) e con questo semplice atto mi ha legato ad una serie di adempimenti.

(1) Inserire il tag, sotto forma di immagine. E questo è facile:

(2) Ringraziare l'inventore del malefico meccanismo, Neogrigio, che ha scatenato il tutto dal suo blog Una vita non basta. E anche qui ce la si cava facilmente.
(3) Indicare cinque film tra quelli visti nel 2015. E questa è già tosta. Me la cavo così:

Interstellar di Christopher Nolan. La prima volta l'ho visto nel 2014, e questo lo escluderebbe dalla selezione, ma un cineforum estivo mi ha dato l'occasione di rivederlo nel 2015. Svariati i temi toccati, tutti molto controversi, come la relazione tra ragione e sentimento. Può la prima fare a meno del secondo? (Spoiler, no.)

Dio esiste e vive a Bruxelles di Jaco Van Dormael. Dio è una brutta persona. Fortuna che ha una figlia che ha compassione per gli umani.

Predestination dei fratelli Spierig. Avrei detto che fosse impossibile portare sullo schermo Tutti voi zombie di Heinlein. E invece.

The imitation game. Benedict Cumberbatch che interpreta Alan Turing. E tanto basti.

Calvario di John Michael McDonagh. L'ultima settimana di vita di un prete cattolico irlandese (Brendan Gleeson), chiamato a pagare per colpe non sue.

Aggiungo come riserva Paddington, un film che penso possa piacere a tutti.

(4) Segnalare altre possibili vittime del giochino. E qui il gioco si fa duro.

Impossibilitato a segnalare il segnalante, pena la creazione di un circolo vizioso che finirebbe per causare la fine dell'internet per come la conosciamo noi oggi, faccio i seguenti nomi:

Nella Crosiglia, per il blog Rock Music Space.
Marco Grande Arbitro, con il blog collettivo GiocoMagazzino!
Cecilia, a.k.a. La Tosca non è per tutti.
Luthien_ab di Ho voglia di cinema.
Tiziana con Di cinema, fiction & ...
Sam Gamgee e il suo Come nei film.
Sailor Fede per Componente instabile.
Federica di Una ciliegia tira l'altra.
And, last but not least, A Gegio film.

(*) Non questo, che non legge nessuno, nemmeno io che, seppur raramente, ci scrivo, ma Cine BlaBla. Posto qui per manie personali. Là pubblico solo in relazione ai film che vedo.