Mi sono appena letto il sedicesimo episodio della seria dedicata da M.C. Beaton alla sua provetta investigatrice Agatha Raisin (1992, ...). Non mi ha fatto venire voglia di continuare la lettura. Una mezza curiosità sulla trasposizione televisiva m'è però venuta. Senza però nessun impegno.
Beaton è uno degli pseudonimi usati da Marion Chesney, il cui nome attuale sarebbe Marion Gibbons, ma non usa il cognome del marito per la sua attività di scrittrice, bensì una variante del suo cognome da nubile, McChesney. Prima di leggere Agatha Raisin e il modello di virtù (2005), nulla avevo letto di lei, in nessuna delle sue varianti. Nonostante che la signora, ormai ottantenne, sia piuttosto prolifica.
Pagato il pedaggio alla Christie con il nome della protagonista della serie, lo sviluppo del racconto segue logiche sue, piuttosto divertenti. Abbiamo infatti a che fare con una cinquantenne poco rassegnata all'età non proprio freschissima, che ha lasciato un lavoro londinese ad alta tensione per ritirarsi nella campagna inglese, dove ha abbracciato la professione investigativa, pur essendo decisamente a digiuno delle cose del mestiere.
Purtroppo lo sviluppo dei personaggi lascia a desiderare, tutti piuttosto monodimensionali e dai comportamenti spesso inspiegabili e, quel che peggio, inspiegati.
Avendolo letto nella traduzione italiana di Marina Morpurgo, non sono certo se le perplessità che mi sono nate sull'uso del linguaggio in questo romanzo siano da attribuirsi tutte all'autrice. Credo però che anche la traduttrice abbia le sue responsabilità. Più di una volta ho avuto la netta sensazione di trovarmi di fronte ad una versione troppo precipitosa di un testo inglese.
Di sicuro responsabilità dell'autrice la chiusura dell'indagine, precipitosa e resa con un improponibile doppio spiegone, con elementi della soluzione che vengono ripetuti verbatim pochi paragrafi di distanza.
Questa strana dissonanza tra l'anima della storia, che è tutto sommato piacevole, e la sua narrazione, decisamente sotto standard, e a tratti decisamente indisponente, è la chiave del mio moderato interesse nel vedere come altri potrebbero rendere il racconto, magari usando un altro mezzo.